CAPITOLO QUINTO
Le miniere di Moria erano immerse nell’oscurità e nel silenzio più totale.
Il silenzio fu rotto dalla voce di Gandalf che pronunciò un incantesimo dopo il quale la punta del suo bastone cominciò ad illuminarsi di un’intensa luce bianca.
Quando i nove amici si guardarono intorno rimasero senza fiato. Si trovavano all’interno di un enorme salone scavato nella roccia e tutto intorno a loro grandi colonne si innalzavano verso l’alto soffitto. Le dimensioni della sala erano tali che la luce magica non era sufficiente per vedere quanto grande fosse.
Mentre camminavano capirono che c’era stata una battaglia; intorno a loro, scheletri di nani e orchetti erano sparsi un po’ ovunque. Gimli cominciò a pensare che tutti i nani fossero morti e si chiese che fine avesse fatto suo cugino Balin.
Dopo molto camminare per le immense stanze della miniera, i nove amici arrivarono in una sala stranamente illuminata da un unico raggio di sole che filtrava attraverso la roccia e si andava a posare sopra una tomba. Ai piedi della tomba c’era un grosso libro mentre sul coperchio di marmo, un’incisione riportava queste parole:
Qui giace Balin, Signore di Moria.
Gimli dovette trattenere un urlo di rabbia quando vide che suo cugino era morto.
Gandalf cominciò a leggere il libro ad alta voce così che anche gli altri potessero sentire quello che era accaduto in quel luogo ormai desolato. Gli orchetti e i goblin avevano invaso le miniere di Moria aiutati da grossi troll di montagna e i nani, malgrado la strenua resistenza, non erano riusciti a contrastare la forza e la numerosità di quel terribile esercito. L’ultimo gruppo di superstiti si era rifugiato nei pressi della tomba di Balin per proteggere fino alla morte le spoglie del loro valoroso re e lì avevano trovato la morte uccisi da chissà quale tremenda creatura.
Mentre Gandalf leggeva, Merry e Pipino si guardavano intorno e videro per terra lo scheletro di un soldato con tanto di elmo e scudo. Si avvicinarono per guardarlo più attentamente ma non appena lo toccarono, il corpo si sbilanciò e cadde giù per un profondo pozzo portandosi dietro anche il secchio e la catena che un tempo erano serviti per tirare su e giù gemme e pietre preziose.
Mentre il soldato in armatura precipitava sbatteva a destra e sinistra lungo le pareti di roccia provocando un fortissimo rumore che riecheggiò per diversi minuti all’interno delle miniere.
Tutti stettero con il fiato sospeso aspettando che il rumore finisse e sperando di tornare a sentire solo il profondo silenzio che albergava in quel luogo solitario. Purtroppo però non fu così. Dopo qualche secondo cominciarono a sentire dei tamburi in lontananza e grida sempre più forti, come di strane creature che si fossero svegliate dopo un lungo sonno. Erano stati scoperti e adesso sarebbero dovuti scappare prima possibile.
Fecero per uscire dalla stanza ma per poco Legolas non venne infilzato da una freccia che si conficcò rumorosamente contro la massiccia porta di legno. Guardando in lontananza, l’elfo vide un numeroso gruppo di orchetti che arrivava correndo verso di loro. Rientrò rapidamente e chiamò i suoi compagni per aiutarlo a sbarrare il portone.
Boromir e Aragorn sguainarono le spade e si misero al fianco dell’elfo. Gimli prese la sua ascia e salì sopra la tomba di Balin mentre Gandalf si mise vicino ai quattro hobbit che impauriti aspettavano di vedere quali spaventose creature sarebbero arrivate di lì a poco.
Ci fu un lungo momento di silenzio, poi un ruggito e subito dopo tre potenti colpi si abbatterono sulla porta di legno. Il terzo colpo scardinò completamente la porta e poi un enorme troll di montagna fece irruzione nella stanza seguito da una decina di orchetti. Il troll si diresse subito verso Frodo e questi si nascose dietro una colonna nella speranza di non essere visto. Gli orchetti si misero a dar battaglia agli altri ringhiando e urlando.
Il troll sembrava aver perso di vista Frodo e si avventò contro Gimli che dovette allontanarsi rapidamente per non essere schiacciato dall’enorme clava di legno che si abbatté contro la tomba. Il troll si girò e di nuovo vibrò un terribile colpo di clava questa volta spaccando un pezzo della colonna dietro la quale Frodo si era nascosto.
Il piccolo hobbit terrorizzato, uscì fuori dal suo nascondiglio e cercò di spostarsi in un punto più sicuro. Il troll però accortosi di lui prese da terra una lancia e con un potente colpo infilzò il povero Frodo che cadde a terra con un tremendo urlo.
Sentendo quell’urlo e vedendo cosa era successo, gli altri si affrettarono ad uccidere i restanti orchetti e quando tutti si scagliarono contro il troll non ci volle molto prima che anche questi fosse definitivamente sconfitto.
Gandalf corse allora a soccorrere Frodo che continuava a restare a terra immobile. Il colpo inferto dal troll era veramente troppo per un piccolo hobbit come lui. Il mago si chinò e preso Frodo tra le braccia cercò di capire quanto grave fosse la ferita.
Con suo grande stupore non trovò nessuna ferita ma piuttosto una leggera e sottile maglia luccicante che avvolgeva il corpo del suo giovane amico. Quando Gimli la vide non ebbe nessun dubbio ed esclamò ad alta voce “MITRIL”.
Frodo indossava una preziosissima è indistruttibile maglia di mitril, un metallo che solo i nani sapevano lavorare. La maglia lo aveva salvato dal potente colpo del troll e infatti di lì a poco era in piedi a dare spiegazioni.
Raccontò di aver incontrato suo zio Bilbo a Granburrone prima di partire per il viaggio verso Mordor e questi, in previsione della pericolosa avventura, gli aveva donato la maglia di mitril e uno spadino magico di nome Pungolo. Frodo estrasse il suo piccolo spadino dal fodero e spiegò come questi fosse capace di illuminarsi di un’intensa luce azzurra quando nelle vicinanze si trovassero orchi e orchetti.
Vedendo che Frodo stava bene, tutti si sentirono più sollevati ma Gandalf sapeva che non erano più al sicuro e così, uscendo fuori dalla tomba, incitò gli altri a seguirlo per andare velocemente alla ricerca dell’uscita.