Sul cambiamento e il paradosso della freccia di Zenone

Durante gli anni del liceo, grazie al mio bravissimo professore, mi ero innamorato della filosofia, a tal punto da portarla poi agli esami di maturità. A distanza di anni mi ritornano quindi in mente i nomi di tanti filosofi e le teorie che essi producevano nel tentativo di ottenere risposte alle grandi domande esistenziali.

In questi giorni mi è tornato alla mente Zenone di Elea, presocratico e discepolo di Parmenide.

Ripensavo a Zenone ed al suo paradosso della freccia, quello secondo cui una freccia scoccata per raggiungere un obiettivo è di fatto sempre ferma in ogni istante se si accetta che il tempo è diviso in infiniti istanti e che la freccia occupi in ciascuno di questi istanti uno spazio pari alla sua dimensione. In sostanza Zenone sostiene che il moto della freccia è apparente perché la freccia resta sempre ferma e immobile in ogni istante in cui la si osserva.

Ripensavo a Zenone perché in ogni processo di cambiamento si passa sempre da un punto A ad un punto B, si passa da una condizione in cui accade X ad una in cui accade Y. Si spera ovviamente che il punto B e la condizione Y siano migliorativi rispetto ad un qualche elemento misurabile che ha determinato il cambiamento stesso.

Ripensavo a Zenone e al suo paradosso della freccia perché se ci pensate, durante un processo di cambiamento non è sempre facile capire a che punto siamo del percorso tra A e B, non è sempre facile verificare il raggiungimento della condizione voluta e soprattutto non è sempre facile avere ben chiaro in mente il percorso completo. Se ci concentriamo sull’istante specifico rischiamo di vederci immobili e bloccati rispetto al nostro obiettivo e rischiamo di rinunciare o più semplicemente di restare al punto A perché non è chiaro come fare effettivamente ad arrivare a B. In questo senso siamo quindi come la freccia di Zenone: sempre immobile nell’istante in cui la guardi e senza possibilità di avanzare.

L’ulteriore elemento che complica la vicenda è rappresentato dal fatto che le persone, il gruppo, spesso non hanno nemmeno la consapevolezza o l’esigenza apparente di dover passare da A a B o pur sapendolo non sanno bene dove sta B o cosa accadrà in tale luogo. In tal senso possiamo trovarci davanti a diversi scenari tipo:

  • Il gruppo non ha percezione che il cambiamento è essenziale per progredire. Si sta apparentemente bene nel punto A e l’idea di passare ad un punto B non viene nemmeno concepita. I problemi non esistono o stanno al di fuori del gruppo stesso. Questa di solito è sempre una prima fase dalla quale bisogna passare e con cui scontrarsi. Serve prendere coscienza di come quello che si fa risulti disfunzionale al benessere del gruppo.
  • Il gruppo ha percezione che il cambiamento è essenziale per progredire ma sa solo di voler lasciare il punto A, il punto B non è noto, ne esistono diversi e non si sa quale scegliere o nel migliore dei casi viene ipotizzato ma non è ben definito. In questa fase occorre lavorare e co-creare insieme il punto B di arrivo affinché sia confortevole e utile per tutti o almeno per la maggioranza.
  • Il gruppo ha deciso di passare da A a B ma mette spesso in discussione la scelta e ripensa al punto A. Questo accade per via dei normali ostacoli ed elementi di disturbo che si incontrano durante il percorso. In questo scenario ci sono due rischi principali: restare in una situazione di stallo e oscillazione che ci tiene perennemente in viaggio tra A e B oppure durante il cammino si rivedono al ribasso le aspettative rispetto al punto B in modo da aggirare e non affrontare in pieno alcuni degli ostacoli più grandi.
  • Il gruppo ha deciso di passare da A a B e fa di tutto per completare il percorso. Questo è ovviamente lo scenario migliore e che rappresenta un gruppo maturo e motivato. Anche in questi casi si affrontano ostacoli e inconvenienti ma il gruppo di solito punta al suo obiettivo senza lasciarsi intimorire.

Ripensavo a tutto questo perché in ogni cosa che facciamo e che determina un cambiamento c’è sempre quel momento di sconforto in cui si pensa di mollare tutto, di tornare indietro, di abbandonare la missione perché non si vede la luce in fondo al tunnel e questo è tanto più vero quanto più sono le persone coinvolte nel processo di cambiamento in atto.

Tutte le volte che mi trovo a indirizzare dei processi di cambiamento, siano essi in una scuola con un gruppo di insegnanti o in azienda con un gruppo di colleghi, mi rendo conto che c’è sempre quel momento in cui è importante ripercorrere il percorso, rivedere i piccoli passi compiuti fino a quel momento e dimostrare che l’apparente immobilità ha invece prodotto piccole modifiche che poco a poco ci avvicinano al nostro risultato.

Il problema di molti è che fanno fatica a ricordare e di conseguenza si concentrano soltanto sulle cose recenti e immediatamente prossime al momento in cui siamo. Se parlassimo di mindfulness questo andrebbe benissimo, vivere il momento qui e ora è il modo migliore per affrontare il presente e costruire il futuro, tuttavia quando ci troviamo all’interno di un percorso di cambiamento è anche opportuno fermarsi a guardare la strada percorsa, tirare il fiato e compiacersi dello stato di avanzamento. Questo ci darà nuova energia per proseguire e affrontare i successivi ostacoli che sicuramente incontreremo.

Tutte le volte che mi trovo in mezzo ad un processo di cambiamento riscontro sempre lo stesso tipo di sconforto nelle persone: il management non partecipa attivamente o non crede seriamente in quello che si sta facendo, il dirigente scolastico non è al corrente di tutto quello che accade e quali sono le dinamiche reali da affrontare. In tal senso, la grossa responsabilità del management, qualunque sia la sua natura, sta nel farsi garante che il processo di cambiamento venga accolto, compreso e condiviso in modo che le persone si sentano parte attiva e costruttiva. Diversamente sarà il solito processo del tipo “tutto cambia perché nulla cambi” e allora in questo caso avremo anche dato ragione a Zenone di Elea dimostrando che siamo sempre fermi e immobili in ogni istante della nostra vita.

Buon lavoro a tutti

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