Spesso assistiamo a scene e situazioni che si fa fatica a comprendere se consideriamo il mondo evoluto e iperconnesso in cui viviamo oggi. Sto parlando di tutti quei piccoli gesti e comportamenti che molti anni fa avrebbero riguardato lo studio dell’educazione civica. Esatto, l’educazione civica, quell’oscura materia in cui ti facevano imparare quasi a memoria gli articoli della costituzione, non tutti ma almeno quelli più importanti.
Nell’epoca in cui viviamo, il senso civico viene spiegato poco ai bambini e anche quando lo si fa, perché non ho dubbi che le brave maestre e i bravi genitori lo facciano ancora, non sempre si ritrovano all’esterno modelli adeguati.
I modelli a cui ci stanno abituando i media sono spesso modelli legati alla mancanza di rispetto, alla prevaricazione sugli altri, al gareggiare per vincere a tutti i costi, all’apparire piuttosto che al fare concretamente. Penso che tutto questo abbia un costo: stiamo crescendo nuove generazioni che credono sia più importante il prossimo selfie da condividere sui social, piuttosto che il percorso e gli strumenti per affrontare con successo l’epoca in cui vivono.
Con questo non sto dicendo che sia sbagliato adeguarsi ai tempi e sfruttare al massimo quello che abbiamo a disposizione; personalmente credo che ci sia molto da imparare ad esempio da un personaggio come Chiara Ferragni, ma questa è un’altra storia. Il rovescio della medaglia è che oggi vediamo nascere termini come FOMO (Fear Of Missing Out) ovvero paura di essere tagliati fuori dai social e allora qualche domanda sarebbe giusto farsela.
Rispetto a 30 o 40 anni fa, molte cose sono ormai cambiate, spesso in meglio, ma comunque sono cambiate e ad esempio non si aspira più al posto fisso ma sappiamo già che un normale percorso di carriera prevede almeno 4-6 cambi di azienda per permetterci di avere il giusto bagaglio di esperienze e competenze.
Serve inoltre tenere conto anche di altri aspetti nuovi che anni fa erano inesistenti e che riguardano la cittadinanza digitale ovvero le capacità per poter stare in rete con il giusto livello di autonomia e competenza.
Spesso parlo con persone che confondono ancora un browser con un motore di ricerca o che faticano a capire il concetto di login e account o ancora che non ricordano come accedere alla propria email, questo nel caso fortunato in cui ne abbiano una.
Al giorno d’oggi, con la stragrande maggioranza di aziende e servizi presenti in rete su internet, non possiamo pensare di avere persone con lacune di questa natura e tuttavia questa è la realtà. Gli esperti lo chiamano digital divide ed è un fenomeno socio-economico-culturale che varia in base al territorio e di non semplice soluzione. Quando etichettiamo qualcosa però, facciamo anche presto a metterla da parte perché a quel punto risulta già ben organizzata in termini di contesto e idea generale.
Vi faccio l’esempio di Michele che a causa del digital divide è tagliato fuori dai giochi
Michele (nome di fantasia) non è in grado di utilizzare le funzioni di base di un PC perché, a causa del digital divide, nella sua scuola non c’è la connessione di rete e quindi i computer non vengono utilizzati; la sua famiglia vive in un quartiere povero e non dispone di un computer; non riesce ad andare in biblioteca perché spesso resta da solo a casa mentre i genitori sono a lavoro…
Potremmo continuare con il racconto di Michele, ma avete capito il senso: il problema di Michele è il digital divide, pazienza. Lo abbiamo etichettato.
Questo fenomeno accade sempre quando etichettiamo qualcosa, pensate ad esempio alla sigla DSA tanto per restare in ambito scolastico. Conosco bambini dichiarati DSA che recitano perfettamente a memoria un copione stando sopra un palco o altri con un’incredibile capacità di attenzione quando fanno una lezione di yoga, durante la quale devi ascoltare il tuo corpo, trovare il giusto equilibrio con la mente, restare concentrato… Non sempre l’etichetta si adatta a tutto e a tutti nello stesso modo. C’è sempre un modo per uscire dalla categoria pre-impostata dal sistema.
Servono azioni concrete per ridurre il digital divide ed evitare che questo diventi una tra le tante etichette; anche solo introdurre lo studio e la comprensione dei semplici termini digitali, a cui accennavo prima, può aiutare i bambini di oggi a meglio comprendere alcune delle dinamiche che ritroviamo in rete ed essere quindi un po’ più consapevoli.
Vi va di provare?
Browser
E’ il programma, o il software (dato che sono sinonimi), che permette di navigare su internet e visitare i siti web di nostro interesse. Chrome è il più utilizzato al mondo, ma ne esistono tanti altri come Internet Explorer, Safari, Firefox, …
Motore di ricerca
E’ il programma che permette su internet di ricercare le cose. Oggi ne esiste principalmente uno che rappresenta lo standard di fatto, parliamo di Google. Se esiste un sito su internet, Google può trovarlo al posto nostro.
Login
È l’operazione che devo compiere per collegarmi ad un sito che offre dei servizi e poterli utilizzare.
- Voglio comprare un libro su Amazon? Devo collegarmi al sito.
- Voglio fare un bonifico on-line tramite la mia banca? Devo collegarmi al sito.
- Voglio navigare su Facebook? Devo collegarmi al sito.
L’azione di login, ovvero l’accesso al sito, consente al gestore del servizio di riconoscere la persona che si sta collegando e permetterle di accedere alle funzioni per le quali essa è abilitata. Se facciamo una login evidentemente in precedenza ci siamo registrati al sito di servizi e in fase di registrazione abbiamo creato un account fornendo almeno la nostra e-mail personale.
Account
È il nome che utilizziamo all’interno del sito una volta che siamo loggati, termine terribile adattato dall’inglese, ma che purtroppo si usa tantissimo. Il mio account potrebbe essere luca.cianci, lcianci76 o ancora builder11, ovviamente sceglierò un account (o anche nickname o username) più o meno riconoscibile a seconda che io voglia essere facilmente riconosciuto dagli altri o restare nell’anonimato.
È l’elemento che oggi non può mancare per potersi muovere online ed è possibile crearla gratuitamente da molti siti come Google, Yahoo, Virgilio, etc. Rappresenta la casella di posta elettronica che è univoca a livello mondiale e grazie alla quale possiamo comunicare ed essere contattati nel vasto mondo di internet.
Bene, abbiamo finito la veloce carrellata di termini; come vedete sono solo 5 e anche abbastanza semplici. Si potrebbe pensare ad una scheda di lavoro da usare in classe, un’immagine con elementi che richiamano questi concetti per poi spiegarli, un lavoro di ricerca in gruppo o semplicemente una sessione aperta per vedere quanto ne sanno i bambini di questi argomenti (e potreste stupirvi in tal senso).
Non esiste un modo giusto e uno sbagliato per trattare questi argomenti, ma a mio avviso è importante iniziare a fare piccoli passi concreti per far sì che il termine digital divide rimanga solo un temine accademico, consentendo ai bambini di prendere progressivamente confidenza con il mondo digitale.
Buon lavoro a tutti