Il signore degli anelli per bambini – 10 – Barbalbero

CAPITOLO DECIMO

Frodo e Sam avevano ormai lasciato la canoa e proseguivano già da tempo a piedi. Il Grande fiume era ostruito da alberi e canne e il passaggio era diventato troppo stretto per poter continuare la navigazione. Mentre camminavano incontrarono per strada una strana creatura, molto magra e senza capelli. Lo strano essere era fermo sotto un albero e piagnucolava tra sé e sé. Frodo e Sam si presentarono e chiesero se potevano essere d’aiuto.

Smeagol, così si chiamava quel magro esserino, disse di sentirsi tanto solo e che cercava amici e compagnia. Quando sentì che Frodo e Sam erano diretti a monte Fato si offrì di accompagnarli perché essendo già stato a Mordor conosceva delle strade segrete per entrare senza essere visti dagli orchi. Frodo e Sam accettarono di buon grado il suo aiuto è così si rimisero in viaggio con il loro nuovo amico.

Dopo tanto camminare la foresta lasciò il posto ad una palude scura e melmosa. “Queste sono le paludi spettrali. Non guardate dentro l’acqua altrimenti i fantasmini dispettosi che vi abitano dentro potrebbero tirarvi qualche brutto scherzo. Seguitemi.” disse Smeagol mentre procedeva adagio in mezzo al fango.

Per un pò Frodo riuscì a seguire il consiglio del suo nuovo amico ma dopo tanto camminare era proprio curioso di guardare cosa ci fosse dentro l’acqua e così abbassò lo sguardo per dare un’occhiatina. Vide due simpatici esserini che giocavano sott’acqua al salto della corda. Quando questi  si accorsero di lui iniziarono a fargli mille complimenti e lo invitarono a giocare con loro. Senza neanche accorgersi, Frodo era rimasto vittima di un incantesimo e si era tuffato nell’acqua scura della palude; quel che è peggio è che non riusciva a comandare il suo corpo e sarebbe quindi presto annegato tra le risate degli spiritelli dispettosi. 

Fortunatamente Smeagol si era accorto di tutto e tuffatosi in acqua lo trasse rapidamente in salvo. Finirono velocemente di attraversare le paludi e una volta fuori accesero un bel fuoco per permettere a Frodo di asciugarsi e riscaldarsi dopo il tuffo imprevisto.

Nello stesso momento, ma molto distante da lì, Merry e Pipino stavano correndo per la foresta di Fangorn inseguiti da un grosso orco Uruk Hai. Durante lo scontro tra gli orchi ed i cavalieri di Rohan, i due hobbit erano riusciti a liberarsi ed erano sgattaiolati tra i cespugli ma l’orco si era accorto della loro fuga e si era lanciato all’inseguimento con l’intenzione di mangiare gli hobbit non appena li avesse raggiunti.

Merry inciampò in una grossa radice che sporgeva nel terreno e in pochi attimi l’orco gli fu addosso; estratto un lungo pugnale ricurvo, stava per trafiggere il povero Merry sotto gli occhi increduli di Pipino quando ad un tratto una grossa mano nodosa afferrò l’orco e lo scaraventò in aria lontano dalla sua preda. Merry e Pipino non furono sicuri che la loro situazione fosse migliorata: davanti a loro si ergeva infatti un enorme uomo albero con tanto di barba e folti capelli.

La creatura cominciò a parlare e le sue parole sembrarono rassicuranti “salute a voi piccoli hobbit, non dovete più temere per quel grosso orco, l’ho lanciato molto lontano da qui e non vi darà più nessun disturbo. Cosa vi porta qui a Fangorn? Io sono Barbalbero e sono il più vecchio degli Ent che vivono qui. Sono un pastore di alberi”.

Merry e Pipino raccontarono del loro viaggio dalla Contea e di come, insieme ad altri amici, si stavano dirigendo a Mordor per distruggere l’anello mentre anche il potente stregone Saruman aveva ormai deciso di schierarsi con il perfido Sauron. Durante il racconto Barbalbero aveva intanto preso in braccio i due hobbit e si stava dirigendo a grandi passi verso la sua grotta. Lì i suoi piccoli ospiti avrebbero potuto riposare tranquilli mentre lui sarebbe andato a cercare del cibo per loro.

La grotta di Barbalbero era immensa e all’interno scorreva perfino un piccolo fiume dall’acqua fresca e cristallina. Merry e Pipino scesero dalle spalle di Barbalbero e dopo essersi sdraiati su una morbida montagna di foglie si addormentarono profondamente. Si risvegliarono quando sentirono i pesanti passi di Barbalbero che rientrava nella grotta.

Aveva tra le mani frutta e bacche colorate e le offrì ai due piccoli hobbit. Una volta che Merry e Pipino ebbero finito di mangiare, Barbalbero si offrì di accompagnarli al confine con Isengard in modo che potessero far ritorno a casa senza correre ulteriori pericoli attraversando da soli la foresta di Fangorn.

Giunti al confine con Isengard, Barbalbero non credette a quello che vide. Tutti gli alberi intorno alla torre di Saruman erano stati tagliati, il fiume era stato bloccato da una diga e da diverse buche nel sottosuolo si alzava un denso fumo nero. Quello era lo scempio che Saruman aveva compiuto per creare con la sua potente magia l’esercito degli orchi Uruk Hai che adesso stava marciando alla volta di Rohan per iniziare la guerra in nome di Sauron. 

La legna, l’acqua ed il fuoco servivano per alimentare le fucine sotterranee dove i goblin producevano, instancabili e senza sosta, armi e armature.

Barbalbero si rivolse a Merry e Pipino: “piccoli hobbit c’è un cambiamento di programma. Gli Ent non possono tollerare la distruzione della foresta, nemmeno se a farlo è uno stregone come Saruman”.

Dopo queste parole Barbalbero emise un potente urlo che riecheggiò a lungo nella foresta di Fangorn. Dopo pochi istanti decine di altri Ent sbucarono dal folto della foresta e si raccolsero intorno a lui.

“Frassino, Pioppo, Quercia, Betulla, ci siete proprio tutti, bene”, Barbalbero era soddisfatto, tutti gli Ent della foresta avevano risposto alla sua chiamata.

Dopo un altro tremendo urlo, lo strano esercito si incamminò lentamente verso la torre di Isengard. Gli Ent avevano deciso di dichiarare guerra a Saruman.

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